24 gennaio 2014

Perché le preferenze non sono il problema

Il dibattito sulla legge elettorale si è avvitato sul problema delle preferenze e forse era inevitabile che andasse a finire così, visto che sono anni che ci ripetiamo, e a ragione, che il Porcellum non ci permette di scegliere i parlamentari.

Le preferenze non sono però il problema principale della legge che è in discussione, passata alle cronache con l'orribile nome Italicum, dalle assonanze sinistre. Anche se l'ideale sarebbero stati i collegi uninominali, i collegi plurinominali mi paiono un buon compromesso fra conoscenza diretta dei parlamentari da eleggere e mancato ricorso alle preferenze che sono un oggetto delicato e spesso un po' losco dalle quali si può tranquillamente stare alla larga.

Il problema principale sono le soglie.

Se l'ispirazione di questo modello elettorale era la legge elettorale dell'elezione del sindaco, alla quale il doppio turno richiama, ci sono delle distorsioni che lo rendono un'altra cosa. Un po' come se si dicesse: ok, applichiamo le regole del gioco del calcio, però il portiere non può toccare la palla con le mani, il palo conta come un gol, ed è rigore anche se c'è un fallo a centrocampo. Tattiche e modi di giocare cambierebbero nettamente e i risultati pure.

L'Italicum fissa una soglia del 35% per ottenere il premio di maggioranza senza ballottaggio (nelle comunali è il 50%) e una soglia di sbarramento del 5% per i partiti coalizzati (che nelle comunali teoricamente non esiste) e dell'8% per quelli non coalizzati (nelle comunali è al 3%). Sempre meglio del Porcellum si dirà. Vero, quasi tutto è meglio del Porcellum, ma con queste soglie può succedere (e sono abbastanza convinto che sotto sotto sia quello a cui punta Berlusconi) che un partito con il 23% possa ottenere da solo il 53% dei parlamentari. Non solo, ma può succedere che il terzo partito possa andare, da solo, al Governo.

Sembra difficile da capire, proviamo a spiegarlo con un esempio.

Mettiamo che il centrodestra prenda il 36%, il centrosinistra il 30%, il M5S il 24%. L'altro 10% diviso fra una serie di partiti che, da soli, non riescono a sfondare la soglia dell'8% e quindi rimangono fuori dal Parlamento. Ipotizziamo che all'interno del centrodestra i voti fossero così divisi: Forza Italia 23%, Lega Nord 4,5%, Ncd 4,5%, Fratelli d'Italia 4%. E che nel centrosinistra il Pd prendesse il 26% e Sel il 4%. In questo scenario il centrodestra vincerebbe le elezioni e prenderebbe il 53% dei parlamentari che però, visto che i tre partiti coalizzati non avrebbero superato la soglia di sbarramento andrebbero tutti a Forza Italia. Che si ritroverebbe così, da sola, al governo del paese, pur essendoci altri due partiti con più voti e che, sommati, avrebbero meno della sua rappresentatività parlamentare.

E' un caso estremo, lo so. Ma possiamo considerare buona una legge elettorale che, in via teorica, potrebbe permettere al terzo partito italiano di andare da solo al governo? Per non parlare della sproporzione della incongruità del premio di maggioranza che darebbe una rappresentatività di circa due volte e mezzo i voti presi.

P.S.: una nota metodologica sul dibattito. Possiamo evitare che i sostenitori di Renzi dentro al Pd dicano che è una legge elettorale fantastica a prescindere, che gli oppositori di Renzi dentro al Pd dicano che è una legge elettorale pessima a prescindere e che quelli del Movimento 5 Stelle dicano che se ne devono andare tutti affanculo a prescindere? Ve ne sarei grato.