30 gennaio 2014

Lettera aperta ai nuovi resistenti (o alla #nuovaResistenza)

Carissimi Nuovi Resistenti,

La vostra fortuna è che i partigiani, purtroppo, ma inevitabilmente per ovvie ragioni relative al trascorrere inesorabile del tempo, sono quasi tutti morti. E che quelli che non sono morti hanno spesso una voce instancabile e forte, ma un fisico nel quale gli anni hanno portato ferite più profonde di quelle del nemico invasor.

Magari qualcuno di voi, in gioventù, in qualche assemblea d'istituto, qualche parente, qualche amico dei nonni,  un partigiano lo avrà anche incontrato.

Ma all'epoca eravate troppo impegnati a giocare con i videogames e non li siete stati a sentire.

E avete fatto male, perché avreste imparato due o tre cosette che oggi vi sarebbero tornate utili.

Perché quel parlamento dove tanti di voi sono entrati non è un luogo che c'è sempre stato, ma è stato conquistato e difeso. E dove il parlamento non c'è, vi assicuro, che si sta molto molto peggio anche se non hanno il problema degli scontrini da dover ricontrollare.

Perché quel diritto di dire qualsiasi cosa vi passa per la testa, a volte a ragione, altre a vanvera, una volta non c'era nemmeno quello. Se adesso l'effetto dell'esercizio di quel diritto sono i mugugni di un vecchio brontolone o le critiche degli avversari politici, una volta sarebbe stato che vi venivano a prendere a casa vostra, vi legavano mani e piedi e, se eravate fortunati, vi portavano al confino. Altrimenti peggio.

Vi avrebbero insegnato che le istituzioni sono sacre, anche se sono rappresentate da persone che non stimiamo, perché sono la cosa che ci fa stare insieme, che ci impedisce cioè di ammazzarci l'un l'altro a coltellate quando ci incontriamo per strada. Per dire.

Vi avrebbero detto che quel modo di dire, "tutti a casa" che usate per cominciare e finire ogni discorso, è già sbagliato da solo, perché quando si ha un avversario politico, una persona che non la pensa come noi, non lo si vuole mandare a casa, ma lo si vuole sopraffare dialetticamente con la forza delle nostre idee, che giustamente crediamo migliori, magari convincerlo che abbiamo ragione noi.

Vi avrebbe insegnato che la violenza è nemica della pace. Tutta, anche quella verbale, quella degli atteggiamenti, quella dei comportamenti. Se fino ad ora nessuno si è fatto male, non vuol dire che questo non  accada mai.

Quindi ok, sono interessanti molte delle cose che dite. Ma prima di parlare di Resistenza fate una cosa: andate a Marzabotto e salite, a piedi, fino a Monte Sole. Magari per strada incontrate pure qualche partigiano o qualche sopravvissuto della zona che anziché colpirvi forte col bastone con il quale si aiuta per camminare come vi meritereste, vi racconterà qualche storia di quelle valli.

(Preparatevi perché è roba forte, altro che scie chimiche o chip sottopelle).

Quando siete arrivati in cima, se il vostro fiato o la vostra coscienza ve l'avranno permesso, vedrete che qualcuno che vi offre un bicchiere di vino lo trovate di sicuro.

29 gennaio 2014

#Vilipendio!

Sorial che ha detto boia a Napolitano, non solo è stato profondamente maleducato, ma anche politicamente inqualificabile. Un episodio orrendo della storia della democrazia italiana.

E però l'articolo 68 della Costituzione dice che "I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni". Ed è giusto che sia così. E' sacrosanto che sia così.

Indagare un deputato per vilipendio per una cosa che ha detto in aula mi puzza di repressione.

La democrazia è faticosissima, ma tutto il resto è peggio.

24 gennaio 2014

Perché le preferenze non sono il problema

Il dibattito sulla legge elettorale si è avvitato sul problema delle preferenze e forse era inevitabile che andasse a finire così, visto che sono anni che ci ripetiamo, e a ragione, che il Porcellum non ci permette di scegliere i parlamentari.

Le preferenze non sono però il problema principale della legge che è in discussione, passata alle cronache con l'orribile nome Italicum, dalle assonanze sinistre. Anche se l'ideale sarebbero stati i collegi uninominali, i collegi plurinominali mi paiono un buon compromesso fra conoscenza diretta dei parlamentari da eleggere e mancato ricorso alle preferenze che sono un oggetto delicato e spesso un po' losco dalle quali si può tranquillamente stare alla larga.

Il problema principale sono le soglie.

Se l'ispirazione di questo modello elettorale era la legge elettorale dell'elezione del sindaco, alla quale il doppio turno richiama, ci sono delle distorsioni che lo rendono un'altra cosa. Un po' come se si dicesse: ok, applichiamo le regole del gioco del calcio, però il portiere non può toccare la palla con le mani, il palo conta come un gol, ed è rigore anche se c'è un fallo a centrocampo. Tattiche e modi di giocare cambierebbero nettamente e i risultati pure.

L'Italicum fissa una soglia del 35% per ottenere il premio di maggioranza senza ballottaggio (nelle comunali è il 50%) e una soglia di sbarramento del 5% per i partiti coalizzati (che nelle comunali teoricamente non esiste) e dell'8% per quelli non coalizzati (nelle comunali è al 3%). Sempre meglio del Porcellum si dirà. Vero, quasi tutto è meglio del Porcellum, ma con queste soglie può succedere (e sono abbastanza convinto che sotto sotto sia quello a cui punta Berlusconi) che un partito con il 23% possa ottenere da solo il 53% dei parlamentari. Non solo, ma può succedere che il terzo partito possa andare, da solo, al Governo.

Sembra difficile da capire, proviamo a spiegarlo con un esempio.

Mettiamo che il centrodestra prenda il 36%, il centrosinistra il 30%, il M5S il 24%. L'altro 10% diviso fra una serie di partiti che, da soli, non riescono a sfondare la soglia dell'8% e quindi rimangono fuori dal Parlamento. Ipotizziamo che all'interno del centrodestra i voti fossero così divisi: Forza Italia 23%, Lega Nord 4,5%, Ncd 4,5%, Fratelli d'Italia 4%. E che nel centrosinistra il Pd prendesse il 26% e Sel il 4%. In questo scenario il centrodestra vincerebbe le elezioni e prenderebbe il 53% dei parlamentari che però, visto che i tre partiti coalizzati non avrebbero superato la soglia di sbarramento andrebbero tutti a Forza Italia. Che si ritroverebbe così, da sola, al governo del paese, pur essendoci altri due partiti con più voti e che, sommati, avrebbero meno della sua rappresentatività parlamentare.

E' un caso estremo, lo so. Ma possiamo considerare buona una legge elettorale che, in via teorica, potrebbe permettere al terzo partito italiano di andare da solo al governo? Per non parlare della sproporzione della incongruità del premio di maggioranza che darebbe una rappresentatività di circa due volte e mezzo i voti presi.

P.S.: una nota metodologica sul dibattito. Possiamo evitare che i sostenitori di Renzi dentro al Pd dicano che è una legge elettorale fantastica a prescindere, che gli oppositori di Renzi dentro al Pd dicano che è una legge elettorale pessima a prescindere e che quelli del Movimento 5 Stelle dicano che se ne devono andare tutti affanculo a prescindere? Ve ne sarei grato.

15 gennaio 2014

Legge elettorale for dummies

Il Movimento 5 Stelle ha cominciato il dibattito sulla legge elettorale. Bene!

Il luogo deputato è, manco a dirlo, il blog di Beppe.

L'hanno presa un po' alla larga: il primo round della discussione è: maggioritario o proporzionale? Il tema è introdotto da una divertentissima lezione di un non meglio specificato professore che, con una musichina di sottofondo, ha spiegato maggioritario e proporzionale for dummies, con un tono da università per corrispondenza, dando il via ai commenti.

Il dibattito si è avvitato subito

Qui, un'antologia dei commenti.

Ci sono i duri
Per GOVERNARE SENZA IL 51% SERVE IL MAGGIORITARIO MA PER LA CULTURA DEL M5S ASSEMBLEARISTA E CONTRO LE CONCENTRAZIONI DI POTERE credo che è preferibile e più coerente il proporzionale

Poi ci sono quelli che propongono soluzioni bizzarre

Una nuova legge elettorale dovrebbe assegnare i seggi solo in base ai voti affettivamente dati. 
Se il 10% non va a votare un 10% di seggi in parlamento rimane vuoto. Così facendo i partiti dovrebbero darsi da fare per riuscire a comprendere le motivazioni degli astenuti.

Che suscitano obiezioni stringenti e apparentemente insolubili

Se il 90% dei votanti aventi diritto al voto, non va a votare per protesta e ci vanno solo i nipoti e i dipendenti di Berlusconi?

Non mancano ipotesi creative

La coalizione perde il premio di maggioranza del 20% dei seggi se uno dei partiti di cui è composta, anche nel corso della legislatura, passa all'opposizione (vedi SEL). In questo caso il premio viene assegnato al nuovo partito/coalizione che risulterà avere più voti. 

Oppure

PROPORZIONALE A DOPPIO TURNO CON DIVIETO DI COALIZIONE

Poi ci sono i rassegnati cronici

Ma alla base di eventuali decisioni definitive su quale sistema adottare purtroppo oggi già conosciamo chi si ripresenterà a mettere mani sul paese, ovvero le solite facce. Da questo punto di vista spero che gli italiani si comportino saggiamente su future scelte, senza farsi influenzare da informazione deviata e senza scambiare i propri voti per le solite promesse.

Gli "scenaristi"

Se alle ultime elezioni fosse stato vigente un sistema maggioritario puro l'attuale presidente del consiglio sarebbe stato tale Beppe Grillo

Ai quali fanno sempre da contrappunto i "precisini"

Come dice Lei, quel "tale" Beppe Grillo che non potrebbe mai essere presidente del consiglio... (non si è mai candidato) semmai uno degli eletti di quel movimento. mi scusi ma solo gs per precisare... (anche se non è l'argomento in questione)

Che a sua volta trovano ulteriori precisini che ne sanno di più dall'alto delle loro cattedre

           Se tu fossi uno dei miei allievi ti boccerei subito.
            Il presidente del consiglio non deve essere parlamentare.
Anche se il mio preferito è questo (è un po' lungo ma consiglio di arrivare fino in fondo)

in caso di formazione governo,naturalmente dopo che il partito o candidati abbiano enunciato la loro preparazione in materie di svariata natura esempio:laurea in economia,insomma ogni candidato dovrà' esporre la propria competenza professionale,quindi avere un bagaglio qualificativo che abbia attinenza specifica insomma un ministro della sanita'dovra'avere competenze in sanità e così per ogni aspirante ministro,mentre un primo ministro o capo governo dovrà per forza di cose avere competenze di legislazione generale,inoltre mi piacerebbe che in costituzione fosse inserito obbligatoriamente il vincolo di mandato al programma elettorale del partito con cui si presenta con un apposito giuramento al programma in caso di cambio casacca perdita automatica carica elettiva(parlamentare)un altra mia probabilmente utopia sarebbe quella di poter un domani poter dare al cittadino l'opportunità oltre che di sovranità elettiva anche sovranità di carattere sfiduciar io nei confronti dell'esecutivo quindi parlamento qual'ora non adempino al mandato oppure portino avanti politiche molto regressive e deleterie o più di un terzo dei parlamentari risultino inquisiti,o condannati insomma obbligatorietà che se per caso risultino inquisiti,indagati o anche abbiano ricevuto avviso di garanzia non possano presentarsi alla candidatura elettiva affinché la loro posizione non risulti immacolata,naturalmente prima di presentare candidatura la loro fedina penale e civile deve essere limpidissima e immacolata un altra mia pensata sarebbe di creare delle schede elettorali in cui si possa far si che l'elettore abbia possibilità' di togliere con un meno sul nome candidato preferenza per poterla dare o ha un altro candidato lista votata oppure ad un candidato di altra lista. 

Tanti auguri per un confronto sereno e proficuo.
 
 
 

Almanacco delle parole che non vogliono dire più niente: SPUNTARE

Il verbo spuntare, viene usato nei titoli per legittimare qualsiasi cosa.

Da una campionatura casuale, fatta al momento, vedo che, stando ai titoli dei principali mezzi di informazione, sono spuntate: telefonate, foto, piste interne, patologie congenite, discariche, identikit, nomi, cocaina, lettere, ipotesi e via continuando.

I fiori spuntano. I funghi spuntano. Al limite le corna, spuntano.

Le telefonate, le foto, le piste interne, le patologie congenite, le discariche, gli identikit, i nomi, la cocaina, le lettere, le ipotesi non spuntano mai: c'è qualcuno che li fa, c'è qualcuno che li propone, c'è un contesto che li sostiene. Quando spuntano, di solito, è perché chi lo scrive lo fa solo per sentito dire.


13 gennaio 2014

Canne e slot machine, tasse e tabù


Il carattere complessivo di una società si capisce anche dai suoi tabù.

Il dibattito che, negli ultimi giorni, ha attraversato trasversalmente il gioco d'azzardo e la legalizzazione della marijuana ne è un esempio.



Ci sono alcune cose che fanno male: le sigarette, gli alcolici, il gioco d'azzardo e le canne. Alcune di queste sono regolamentate e tassate dallo Stato, per altre, come nel caso delle droghe, si usa un approccio proibizionista, lasciando di fatto il mercato (che è immenso) in mano alla criminalità.

La lenta e progressiva liberalizzazione del gioco d'azzardo è avvenuta, direi a occhio e croce negli ultimi dieci anni, senza che questa sia stata accompagnata da un adeguato dibattito pubblico. L'opinione pubblica ha, di fatto, sottovalutato il fenomeno accorgendosi che questo potesse diventare un problema (legato alle dipendenze, alla quantità inimmaginabile di soldi che ogni giorno vengono messi in queste diaboliche macchinette che statisticamente assicurano una perdita certa al giocatore abituale) solo quando il problema era già scoppiato. Le dimensioni del fenomeno, in Italia, sono gigantesche.

Al netto della polemica scoppiata nelle ultime settimane, con la sacrosanta richiesta dei sindaci di aumentare la tassazione sul gioco a difesa della prima casa, lo spartiacque etico che il problema pone mette al centro le libertà individuali ed è evidente: lo Stato, pur riconoscendo l'esistenza di una patologia, non ritiene eticamente sbagliato incassare delle tasse sul gioco. Ritenendo, invece, eticamente sbagliato privare un cittadino della libertà di giocare, nella totale consapevolezza che le slot machine, soprattutto nei casi patologici, gli faranno perdere un mucchio di soldi.

Lo stesso ragionamento, mutatis mutandis, lo si potrebbe fare con le sigarette: fanno male, ve lo diciamo, ma sta alla vostra libertà decidere se fumare o meno. Lo Stato regolamenta il settore, controlla che i prodotti immessi sul mercato aderiscano a determinati standard, e ci incassa sopra profumate tasse.

Applicando lo stesso ragionamento sulla marijuana le conclusioni a cui si arriva sono profondamente diverse. Lo Stato, in Italia (a differenza di ciò che sta avvenendo in Colorado, in Uruguay, di quanto avviene in Olanda e, in una certa misura, in Spagna) non ritiene eticamente giusto portare al proprio interno un prodotto che fa male alla salute delle persone con due effetti vistosi: uno etico, impedire ad un cittadino la libera scelta di farsi delle canne, uno economico, lasciare alla criminalità organizzata proventi che potrebbero trasformarsi in posti di lavoro puliti ed entrate per l'erario.

Perché? Le obiezioni di tipo medico, sociale ed economico a questo punto di partenza a me sono sempre sembrate piuttosto deboli.

Il punto centrale rimane il tabù. Ed è, come sempre, solo un problema culturale.


04 gennaio 2014

Unioni civili e temi etici

Sulle unioni civili si può essere d'accordo o no (io, per esempio, sono più che d'accordo).

Ma considerarle "temi etici", ovvero equiparare il riconoscimento di diritti per persone che vivono insieme a provvedimenti che riguardano convinzioni profonde, intime e personali (queste sì) sulla vita e sulla morte è offensivo.

Lo è per la logica, per la ragione, per le persone che vivono insieme, per la vita e per la morte. E, credo, anche che lo sia per qualsiasi tipo di divinità veneriate.

Quindi se qualcuno ha delle obiezioni razionali a questo tema le dica, ne discutiamo. Ma non si appelli alla libertà di coscienza e alla pretesa di far passare un provvedimento di natura civilistica come un tema etico.

Altrimenti, la prossima volta, diventa un tema etico anche il blocco del traffico.