05 marzo 2016

Tre mesi al voto: cosa succede a Bologna in vista delle elezioni



Circa due mesi fa, avevo scritto a che punto eravamo con le elezioni comunali di Bologna, visto che tanti amici che vivono fuori mi chiedevano cosa stesse succedendo in una città che da sempre è fondamentale per la politica italiana, ma che, stavolta, è messa un po' in ombra dalle elezioni a Roma, Milano, Napoli e Torino che sono, oggettivamente, più incerte e ricche di temi locali.

A Bologna è tutto un po' più ordinario: non ci sono state dimissioni di sindaci, inchieste particolari da parte della magistratura, non c'è stato l'Expo. Però, come dicevo anche l'altra volta, paradossalmente, ci sono delle dinamiche molto più interessanti che riguardano le varie forze in campo che potrebbero rappresentare delle prove generali per le forze politiche a livello nazionale. Perché a Bologna, appunto, stavolta, per tutta una serie di circostanze che non sono merito o colpa di nessuno, le dinamiche locali (pur fondamentali in un'elezione comunale) sembrano contare un po' meno rispetto a città più grandi.

Ma procediamo con ordine.





Innanzitutto, quando si vota

Non si sa.

E' questa è già una bella bizzarria, che ovviamente non riguarda solo Bologna, ma tutta l'Italia.

Ipoteticamente a fine maggio, primi di giugno, ma il ministero dell'Interno non ha ancora fissato la data. Le tre ipotesi, per il primo turno, sono il 29 maggio, il 5 e il 12 giugno, con gli eventuali ballottaggi due settimane dopo. La decisione sarà presa tenendo conto delle opportunità politiche, ma ci sono anche di mezzo altre questioni come la fine della scuola, il ponte del due giugno, i primi week end al mare, una festività ebraica e tutta una serie di considerazioni sull'astensionismo.

Io ho sempre pensato che su questo tema in Italia ci siamo sempre fatti troppe paranoie, in Spagna, ad esempio, si è votato per le politiche la domenica prima di Natale. Tanto chi vuole andare a votare ci va, chi non vuole andarci sta a casa, indipendentemente da tutto il resto. Anche se il 37% di affluenza alle ultime regionali è un fantasma che fa ancora parecchia paura. A tutti.

Il centrosinistra

Virginio Merola, sindaco uscente, del quale ho parlato lungamente nella precedente puntata, è il candidato del centrosinistra. Ha l'obiettivo di spuntare una conferma al primo turno: l'operazione è possibile, ma tutt'altro che semplice. Probabilmente molto dipenderà da cosa succederà nei prossimi mesi e da quante persone andranno a votare.

Abbastanza verosimilmente dovrebbe essere sostenuto da tre liste: una del Pd, una civica che copre l'ala sinistra e un'altra civica che andrebbe a raccogliere voti fra i moderati.

Il Pd (partito che a differenza di altre città a Bologna ha ancora una certa capacità di mobilitazione e penetrazione sul territorio) a giorni dovrebbe annunciare la propria lista che, fondamentalmente, è già chiusa. Sarà guidata dal segretario Francesco Critelli, esponente della vecchia scuola bersaniana, e schiererà i tre giovani assessori uscenti: Matteo Lepore, uomo forte della giunta Merola con una sterminata rete di relazioni, Andrea Colombo, titolare del traffico e promotore di alcune scelte radicali come la pedonalizzazione del centro, uno che in città ha sia fan sfegatati sia acerrimi detrattori e Luca Rizzo Nervo, meno appariscente, ma piuttosto apprezzato nei suoi settori di sanità e sport che coinvolgono direttamente moltissime persone.

Nel Pd ci sarà una concorrenza spietata, perché dalla lettura delle preferenze si capiranno i reali rapporti di forza dentro il partito e, in parte, anche l'orientamento di una eventuale giunta Merola-bis. Certo è che per il Pd avere 36 candidati che facendo campagna elettorale pancia a terra per proprio conto portano acqua al mulino del partito può rivelarsi un vantaggio non secondario.

La lista dei meroliani di sinistra sarà guidata da Amelia Frascaroli, assessore al welfare ex Caritas, raccoglierà l'ala governista di Sel che si è spaccata a metà (ma ci torniamo più avanti) e pezzi di città che possono raccogliere un certo consenso. Il Pd guarda a questa lista con un atteggiamento di amore-odio: da una parte potrebbe essere quella che consente a Merola di farcela al primo round, dall'altra potrebbe drenare voti degli scontenti del Pd che comunque non vogliono mettere il loro voto fuori dal perimetro del centrosinistra bolognese. Per farla breve: quelli arrabbiati con Renzi, ma che considerano il male assoluto che Bologna possa cadere in mani grilline o di centrodestra.

La lista di moderati raccoglierà il Centro democratico e qualche pezzo di Cisl, dovrebbe essere guidata dal neuropsichiatra di grande fama Emilio Franzoni, ma per il momento rimane un oggetto abbastanza misterioso.

Il centrodestra

Nella coalizione Lega-Forza Italia-Fratelli d'Italia ci sono stati, nelle ultime settimane, i veri fuochi d'artificio.

Dopo alcuni ballon d'essai durati lo spazio di un paio di pomeriggi (un ritorno in campo dell'imprenditore Alfredo Cazzola, padre del Motor Show, un'improbabile candidatura di Vittorio Sgarbi, la ricerca disperata di un fantomatico civico) le cose sembravano essersi indirizzate verso una candidatura della giovane e molto televisiva consigliera comunale leghista Lucia Borgonzoni, molto sponsorizzata da Matteo Salvini.

Nella spartizione nazionale, Berlusconi ha, di fatto, il candidato a Roma (Bertolaso), Milano (Parisi), Napoli (Lettieri) e Torino (Osvaldo Napoli) e la concessione di Bologna alla Lega pareva nelle cose, anche perché sul nome della Borgonzoni sembrava esserci un ok più o meno convinto anche da parte degli alleati.

Quando però Salvini ha messo in discussione Roma, i suoi alleati sono andati a rompergli le uova nel paniere a Bologna, riproponendo la candidatura di Galeazzo Bignami, consigliere regionale di Forza Italia in grande ascesa, con pochi santi in paradiso nel suo partito, ma una dote di consenso personale alla quale gli altri neanche si avvicinano lontanamente. Il quale, tuttavia, non pare entusiasta di candidarsi a sindaco, tanto che, nelle settimane scorse, con una foto su Facebook, aveva fatto un mezzo endorsement per la Borgonzoni.

Si è così tornati a parlare di primarie, che sarebbero le prime nella storia del centrodestra italiano. Se mai si dovessero tenere, Bignami sarebbe senza dubbio favorito. Ma con i tempi che stringono ed una macchina organizzativa tutt'altro che rodata, l'impressione è che organizzarle sia piuttosto complicato e che servano soprattutto ai vari alleati per provare a spaventarsi a vicenda con bluff e controbluff. E l'accordo, alla fine, potrebbe essere trovato nell'ambito della sistemazione di tutte le caselle nazionali, con la benedizione di Arcore.

Certo è che litigare fra alleati a tre mesi dal voto potrebbe lasciare più di qualche contraccolpo nelle urne. E che più che a provare a vincere le elezioni si stia già pensando alla successiva resa dei conti.

Ncd-Udc

Né con Merola, né con la Lega.

I centristi bolognesi schierano Manes Bernardini, che cinque anni fa, sotto le insegne leghiste fu candidato per tutto il centrodestra. Poi ha litigato con Salvini ed è sceso dal carroccio insieme a Flavio Tosi. Ha dalla sua il ministro dell'ambiente Gian Luca Galletti, la portavoce nazionale del Ncd Valentina Castaldini, Comunione e liberazione e pezzi importanti del mondo economico.

Bernardini è un politico giovane ma esperto, molto apprezzato e stimato per la sua concretezza ed il suo pragmatismo. Ma la domanda è sempre la stessa: quanto è grande in Italia lo spazio fra il Pd di Renzi e il centrodestra del trio Berlusconi-Salvini-Meloni? La risposta che arriverà da Bologna sarà decisiva per il futuro di questa area politica.

Sinistra

Già nel pippone della volta scorsa avevo parlato dell'esperimento della Coalizione civica, rassemblement che si è sobbarcato il tentativo di provare a mettere insieme tutto quello che c'è alla sinistra del Pd, dai civatiani ai centri sociali. Compreso un pezzo di Sel, quello che si è smarcato dall'esperienza di Merola. Con tutte le contraddizioni del caso: il partito di Vendola governa la Regione sostenendo fedelmente Bonaccini ed a Milano appoggerà Sala che è molto meno a sinistra di Merola.

Domenica 28 febbraio oltre 1.500 persone hanno votato alle primarie per scegliere il candidato sindaco. Ha vinto Federico Martelloni, giuslavorista, ex tuta bianca, membro di Sel, che ha sconfitto Paola Ziccone, ex direttrice del carcere minorile del Pratello che si presentava con un profilo molto più civico. Le primarie hanno provocato i primi contraccolpi: i fondatori della Coalizione civica, primo fra tutti l'ex segretario dei Ds Mauro Zani, sono in polemica feroce perché accusano la strana alleanza Sel-centri sociali di aver egemonizzato la coalizione. Rifondazione comunista è uscita dalla coalizione, altre "sensibilità" hanno già annunciato un loro disimpegno.

Il vincitore delle primarie proverà a rimettere insieme i cocci, con il rischio che spenda più energie per tenere tutti dentro che non per provare a prendere il voto dei delusi del Pd. Nel quartier generale di Merola si è tirato un gran sospiro di sollievo.

Movimento 5 Stelle

Massimo Bugani e grillini per il momento sono quasi invisibili e non è detto che questa sia una tattica sbagliata, anzi.

Resta il fatto che mentre nelle altre città si sono svolte, come da tradizione 5 stelle, le selezioni via web per scegliere i candidati, a Bologna gli attivisti non hanno votato trovandosi bella e impacchettata una lista guidata da un fedelissimo dello staff, già candidato cinque anni fa e plenipotenziario del movimento in Emilia-Romagna.

Gli oppositori interni fanno roteare le spade che al momento non paiono scalfire il candidato sindaco. Ed anche qui la domanda alla quale daranno risposte le urne bolognesi è: basterà la carica di consenso del Movimento 5 Stelle a far volare Bugani o le divisioni cittadine incideranno sul risultato?

Programmi

A questo punto si dovrebbe cominciare a parlare di programmi. Ovvero di quello che i vari candidati sindaco hanno in mente per la città.

Ehm.

Per ora poca roba. Ma mancano ancora due mesi e mezzo, forse tre.

Non sia mai che gli elettori di qui a quando si va a votare se ne siano già dimenticati.

O che si dimentichino direttamente di andare a votare.