29 gennaio 2015

Gli imbecilli che votano Rocco Siffredi

(Una doverosa premessa: questo post non ha niente, ma proprio niente, contro Rocco Siffredi, che anzi rappresenta, per un'intera generazione un punto di riferimento morale molto più solido di alcuni dei candidati al Quirinale).

Per un rito politico consolidato, dettato dalla inevitabile tattica che sta dietro ad un momento cruciale per la vita della Repubblica come l'elezione del suo presidente, nei primi tre scrutini (quelli dove serve la maggioranza dei due terzi e quindi un quorum difficilmente raggiungibile) molti partiti danno indicazione ai loro grandi elettori di votare scheda bianca. Niente di male.

Al netto di chi fa una legittima scelta politica diversa (votare un nome per fare crescere una candidatura, per manifestare un dissenso, per contare gli appartenenti ad una determinata corrente e anche qui non c'è niente di male) il combinato disposto fra la scheda bianca e la grande esposizione mediatica dello scrutinio mette alcuni parlamentari di fronte alla irresistibile tentazione di fare i simpaticoni. Votando candidati bizzarri, come (è successo nelle ultime elezioni) Rocco Siffredi, appunto, ma anche come Pippo Baudo, Francesco Guccini, Giovanni Trapattoni, Raffaella Carrà, perfino personaggi inventati come il grandissimo Raffaello Mascetti, il conte di Amici Miei.

Ecco, questo è uno spettacolo indegno.

I voti boutade c'erano anche nella prima repubblica, ma erano pochissimi. In un consesso umano di mille persone, un paio di coglioni è quasi fisiologico che ci sia.

Ma il Parlamento in seduta comune che elegge il Presidente della Repubblica non è un consesso umano qualsiasi: deve dare innanzitutto all'opinione pubblica il senso della dignità del proprio ruolo. E vedere il presidente della Camera che quando fa lo spoglio è costretto a leggere nomi più o meno improbabili dà l'impressione di un Parlamento che non ha la contezza del senso della dignità del proprio ruolo. E di tutto, in epoca di antipolitica, c'è bisogno tranne che il Parlamento si metta a far concorrenza a Zelig o a Spinoza.

L'elezione del presidente della Repubblica è un rito anomalo della vita politica italiana. Ci sono le schede bianche, i franchi tiratori, le cordate, le candidature bruciate e quelle da bruciare. Quasi tutto è legittimo, tranne che fare i buffoni con l'intenzione di far ridere non si sa bene chi.

Per quello, al limite, non basta Twitter?